Anticipiamo l’articolo scritto da Giuseppe Limone per il prossimo numero di Scuola D’oggi, il giornale degli iscritti alla Uil Scuola, dedicato in gran parte alle prossime elezioni Rsu. Qui di seguito l’estratto che sarà pubblicato nell’edizione cartacea.
On line, sul sito Uil scuola, nella sezione L’Opinione, il testo integrale del contributo del Prof. Limone.
Questo il link diretto: http://www.uil.it/uilscuola/node/5281
La scuola italiana vive da alcuni decenni una situazione paradossale. Più crescono i provvedimenti cosiddetti riformatori più cresce la crisi d’identità del docente. Ecco un piccolo breviario lessicale.
Di Giuseppe Limone
Professore Ordinario di Filosofia della politica e del diritto, Seconda Università degli Studi di Napoli, Dipartimento di Giurisprudenza.
1. Rapporto docente-allievi
Di anno in anno, di ciclo in ciclo, gli insegnanti devono relazionarsi con bambini e adolescenti di ogni ordine e grado che arrivano nelle classi sempre più fragili e disorientati, molto spesso privi di valori di riferimento e anche di adulti di riferimento. Le famiglie, spesso in crisi o assenti, delegano alla scuola e agli insegnanti compiti che prima erano assolti dalla famiglia stessa. I genitori oscillano, così, fra l’essere assenti e l’essere iper-invadenti.
2. Il docente
Il docente scopre, a un certo punto, di essere solo l’ingranaggio di una macchina organizzativa fatta di moduli, orari, tempi e spazi per le lezioni. Da quando varca la soglia della scuola egli, pur pronto a far lezione, si sente configurato solo come uno che si relaziona con i cosiddetti stake holders (così si chiamano nella neolingua scuolese i portatori di interessi): le famiglie degli alunni, la comunità, il territorio. Il docente, da un lato, ha un essenziale compito civile, e, dall’altro lato, sente che non gli viene riconosciuto. Insomma tutti lo reclamano ma nessuno se lo fila.
Se dovessimo assegnargli un ruolo in commedia, l’insegnante sarebbe il grillo parlante con il ben noto finale.
3. L’insostenibile incongruenza delle riforme
Il grande gioco della scuola è una sorta di copione immutabile. Tutti hanno provato a modificarlo tentando di metterci le mani. Dalla fervida fantasia che ha ispirato il genere degli spaghetti western è nata la figura del preside-manager (per non dire il preside-sceriffo). Si tratta di una figura puramente manageriale, che ha perso ogni rapporto con la didattica. Ma essa, da sola, non bastava a costruire il copione, così sono nati gli ambiti territoriali, l’ organico dell’autonomia, il potenziamento. Riforme e controriforme tuttavia non hanno minimamente intaccato quello che in fondo è, e rimane, l’essenza intima di questo lavoro: il rapporto di apprendimento.
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