Musica, piece teatrali, ricordi e testimonianze al Teatro Verdi di Gorizia per la 16esima edizione del Giorno della Memoria Organizzato dalla UIL Scuola Rua Fvg e dall’Irase.
Turi: Dobbiamo fare tutti insieme una battaglia per ricostituire sedi di garanzia della libertà di insegnamento: senza insegnanti liberi ed indipendenti ben difficilmente si potrà seguire l’insegnamento della senatrice Liliana Segre che ha detto agli alunni di mantenersi liberi nei giudizi e la libertà.
“Ho visto tante di quelle brutalità che non si possono nemmeno descrivere. Ci hanno spersonalizzato, ci hanno tolto il nome e la nazionalità. Per loro eravamo dei pezzi. Ci hanno dato un numero, il mio era 69.610: ti entra nella mente, non puoi dimenticarlo. Ci hanno portato al punto che non si ragionava più, si ragionava solo con lo stomaco”.
Sono le parole toccanti, affidate a un breve video, con cui Mario Candotto, sopravvissuto al campo di concentramento di Dachau, ha testimoniato l’orrore dei lager ai ragazzi delle scuole di Gorizia che stamani, al Teatro Verdi, hanno partecipato alla sedicesima edizione del Giorno della Memoria, organizzato dalla UIL Scuola Rua del Friuli Venezia Giulia e dall’IRASE con il sostegno e il supporto di enti e istituzioni.
Candotto, 93 anni, di Ronchi dei Regionali, fu deportato nel 1944. Aveva 18 anni quando i tedeschi, all’alba di una mattina di maggio, fecero irruzione nella sua casa e prelevarono tutta la sua famiglia dopo che “due ex partigiani fecero i delatori”.
Portarono via i suoi “genitori e due sorelle. Lui aveva 18 anni, mia zia 17. I due fratelli maggiori si erano uniti ai partigiani”, ha raccontato ai ragazzi in sala Monica, la figlia di Mario, impossibilitato a essere presente per un problema di salute. “Furono portati in carcere al Coroneo, dove rimasero una settimana poi i maschi furono trasferiti in Baviera a Dachau, le donne ad Auschwitz; nessuno sapeva cosa li aspettava. Erano contenti di andarsene da Trieste perché avevano il terrore di essere giustiziati, credevano di andare a lavorare in una fabbrica, invece incontrarono i Kapò. Mio padre rimase un anno nel lager. Non era più persone, ma numeri, pezzi di un ingranaggio. Fu fortunato perché venne mandato a lavorare in fabbrica. I miei nonni purtroppo non ce la fecero a sopportare queste brutture, mio padre fu liberato dagli americani, mia zia dai russi – ha raccontato Monica con commozione -.
Quando tornarono a casa cominciarono a raccontare ma le persone non credevano a quanto dicevano. Solo negli anni ‘60 cominciò a esserci questa presa di coscienza. Non dimenticate mai per non tornare più in quel baratro terribile. Non ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati”.
Il momento è stato uno dei più toccanti della mattinata aperta dai saluti introduttivi del segretario regionale della UIL Scuola Rua Ugo Previti che ha ricordato il prezioso contributo portato negli anni alla manifestazione da Francesca Severa, dell’Irase, anima fondatrice dell’evento, mancata lo scorso anno alla vigilia della Giornata della Memoria 2019.
L’importanza del ricordo, della memoria è stata sottolineata negli indirizzi di saluto dal Prefetto e dal Sindaco di Gorizia, Massimo Marchesiello e Rodolfo Ziberna, dall’assessore al Patrimonio Sebastiano Callari e dal rappresentante dell’Ufficio scolastico regionale Igor Giacomini.
Momenti di riflessione ai circa 700 studenti in sala sono stati portati dalla presidente dell’Irase Mariolina Ciarnella, dal presidente dell’associazione Amici di Israele Lorenzo Drascek e dalla lectio magistrale sulla Shoah tra storia e cinema del professor Fulvio Salimbeni. Intervallati da lavori svolti direttamente dai ragazzi delle scuole secondarie di primo e secondo grado coinvolte nel progetto.
I ragazzi del gruppo teatrale dell’Isis Fabiani D’Annunzio hanno portato in scena “a scuola di razzismo”, una propria piece teatrale sulla scuola ai tempi dell’ascesa del fascismo e dell’emanazione delle leggi razziali.
Gli studenti dell’Isis Galilei hanno presentato il proprio lavoro di ricerca sulla storia di due sorelle, ebree goriziane, deportate dalla loro ultima dimora del capoluogo isontino davanti al quale verranno posate domani alle 12 le pietre d’inciampo. Musiche e cori sono stati infine portati sul palco dal gruppo musicale della scuola secondaria del secondo istituto comprensivo di Gorizia e del coro del polo liceale di Gorizia.
“È l’istruzione, la conoscenza che rende liberi. Dobbiamo tornare alla comunità educante, alla comunità scolastica”, ha concluso la giornata Pino Turi, segretario generale Uil Scuola Rua, ringraziando i ragazzi per la testimonianza portata sul palco del Verdi di “una scuola che è viva” e per il loro essere “sempre più rappresentanti di un Paese che può avere un futuro”.
“Un Paese in cui aumentano le differenze e i poveri non può funzionare – ha detto Turi.
La persona quando l’hai spersonalizzata, l’hai resa un numero, non ha poi neanche la forza di reagire. La solidarietà è fondamentale, significa essere comunità. Il diverso ti arricchisce, per noi è un elemento di integrazione ed elemento fondante”.
“Dobbiamo fare tutti insieme una battaglia per ricostituire sedi di garanzia della libertà di insegnamento: senza insegnanti liberi ed indipendenti ben difficilmente si potrà seguire l’insegnamento della senatrice Liliana Segre che ha detto agli alunni di mantenersi liberi nei giudizi e la libertà” – ha messo in evidenza Turi.
“La libertà è la base della democrazia e con democrazia, partecipazione, con i valori della costituzione sarà difficile che si ripetano drammi della storia come l’Olocausto. Una alleanza nella comunità educante in prima fila docenti e studenti per una battaglia che la Uil Scuola ha la determinazione di portare avanti”.
Gorizia, 27 gennaio 2019