27 OTTOBRE 2015
Un piano utile alle scuole e alla crescita del Paese
PRESENTATO UFFICIALMENTE AL MIUR IL PIANO NAZIONALE DELLA SCUOLA DIGITALE.
Due bug: tutta da risolvere la contraddizione del taglio alle segreterie scolastiche, all’area tecnica ed alla possibilità di sostituire i collaboratori scolastici assenti previsti dalla legge di stabilità 2015, da correggere in quella del 2016. Tutto da valorizzare il ruolo degli insegnanti: la trasmissione critica dei saperi non avviene attraverso le macchine, che non possono fornire un ‘punto di vista diverso’ ma solo attraverso il lavoro e la professionalità degli insegnanti.
Presentato ufficialmente stamattina al Miur il Piano Nazionale delle Scuola Digitale.
Due le linee di intervento: la prima sulle infrastrutture con l’obbiettivo di portare la fibra ottica in ogni scuola. La seconda sulla didattica laboratoriale utilizzata per tutte le materie e su applicazioni specifiche rivolte a docenti, alunni e famiglie.
Un miliardo di euro è la cifra complessiva stanziata – ha detto il ministro Giannini, illustrando il piano che dovrebbe essere immediatamente esecutivo. Questi gli ambiti di lavoro: strumenti,competenze e contenuti, formazione; accompagnare la scuola nella sfida dell’innovazione, la fibra e banda ultra-larga alla porta di ogni scuola, il cablaggio interno di tutti gli spazi delle scuole, ambienti digitali per la didattica, edilizia scolastica innovativa, il registro elettronico per tutte le scuole primarie.
Scivolone dialettico del ministro che ad un certo punto parla di progetto che deve riguardare la scuola in tutto il suo insieme, che mira ad individuare 2 mila insegnati che saranno ‘digital angel’ ovvero super specialisti in materia digitale, una sorta di tutor di altri insegnanti (a conti fatti circa uno su cinque scuole, individuato, formato e retribuito in modo non precisato) piano che dovrà coinvolgere anche il personale Ata che ‘mica può restare con il cavallo e il calesse nelle scuole’.
Stabilito che le segreterie scolastiche del nostro paese rappresentano la punta – spesso – più avanzata delle applicazioni tecnologiche nelle scuole, sarebbe da chiarire, in che modo il ministro pensa di poter sviluppare tale progetto, in sé sicuramente positivo e utile, se l’attuale legge di Stabilità prevede un taglio lineare del personale e non è previsto l’organico potenziato.
Da un lato il Miur presenta un piano “necessario e strategico per la crescita del Paese che vede la scuola al centro della scena” – sottolinea Antonello Lacchei, presente all’iniziativa- dall’altro resta tutta da risolvere la contraddizione del taglio alle segreterie scolastiche, all’area tecnica ed alla possibilità di sostituire gli assistenti assenti previsti dalla legge di stabilità 2015 e da correggere in quella del 2016
La scuola è luogo privilegiato per connettersi con il futuro, è luogo di innovazione – ha detto Antonello Giacomelli, Sottosegretario al ministero dello Sviluppo Economico. Il dato nuovo che registriamo oggi è che siamo in presenza di un piano nazionale. L’obiettivo è quello di “portare i cavi”, la fibra ottica per la connessone veloce in tutte le scuole. Per questo progetto ci sono complessivamente 4 miliardi e mezzo di euro.
Nel 2020, per la prima volta il numero dei ‘devices’ (pc, telefoni, tablet) supererà la popolazione mondiale. I dispositivi stimati saranno 10 miliardi a fronte di una popolazione mondiale di 8 miliardi.
Nel 1995 solo lo 0,6% della popolazione era connesso a internet. Nel 2014 la percentuale sfiora il 73%.
Sono alcuni dei numeri forniti da Paolo Barberis, consigliere per l’innovazione del Presidente del Consiglio, che ha svolto una relazione tecnica e circostanziata sui futuribili della ‘cittadinanza digitale’ (dalla login unica, all’anagrafe dei dati, alle notifiche delle interazioni con il sistema pubblico, ai pagamenti) e del piano della scuola digitale.
Due gli aspetti da mettere in rilievo – riassume Francesca Ricci, presente alla presentazione – da un lato il programma che prevede la realizzazione di una piattaforma abilitante all’uso del nuove tecnologie – ‘impara.italia.it’ – che consente nuovi spunti e sviluppi culturali – come quello del ‘design thinking’, la trasmissione di informazioni con disegni digitali – dall’altro l’aspetto economico di tale progetto.
Evidente ai più che quello presentato oggi, infatti, è un progetto MIUR che rientra in una delle priorità di Palazzo Chigi. Rispetto alla realizzazione concreta degli obiettivi prefissati, infatti, sarà decisivo infatti l’intervento diretto del governo per garantire che anche le scuole situate nelle situazioni geograficamente disagiate possano partecipare al progetto attraverso la estensione della rete, anche dove il mercato non arriva.
Lo strumento digitale – ha detto ancora Barberis – è mezzo abilitante ma va interpretato. Non si può pensare ad una scuola tecnocentrica, occorre dare indirizzi, idee, favorire l’approccio critico e umanistico al sapere, più che limitarsi a definire gli finanziamenti.
Una nuova, inedita declinazione del sapere umanistico come valore aggiunto della scuola italiana, in netta controtendenza con quanto realizzato in questi ultimi anni, che hanno visto crescere il ruolo strategico della formazione tecnica superiore.A chiudere il lavori della giornata è stato Elio Catania, presidente di Confindustria digitale, che, forse in un eccesso di progettualità, ha affermato che Confindustria si dice pronta a fornire 600 mila specialisti alle scuole ed a fornire tutto il know-how per l’alternanza scuola lavoro.
In quasi tre ore di presentazione, gli insegnanti sono stati citati meno di dieci volte. Un vero peccato, perché se la scuola italiana ha indubbiamente bisogno di un ‘piano digitale’ e di un futuro ‘connesso’, la trasmissione critica dei saperi non avviene attraverso le macchine, che non possono fornire un ‘punto di vista diverso’ ma solo attraverso il lavoro, la professionalità, il sapere critico degli insegnanti.
Solo un contratto innovativo, condiviso che coinvolga il personale e parta dalle scuole, potrà realizzare quella rivoluzione digitale di cui il Paese ha bisogno: si tratta di una rivoluzione culturale che si fa con le persone, non solo con i finanziamenti e con le tecnocrazie.